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Visualizzazione dei post da 2017

Battaglia di civiltà?

Di tanto in tanto c'è qualche politico che usa l'espressione "battaglia di civiltà" per presentare un proprio progetto o disegno di legge, ma, a nostro avviso, quest'espressione non ha alcun senso perché sempre più spesso le leggi che hanno un presunto contenuto etico vengono approvate da striminzite e risicate maggioranze parlamentari a seguito di contrattazioni che poco o nulla hanno a che vedere con la politica intesa, quest'ultima, come promozione del bene comune.  Nel nostro Paese sta avvenendo una forte disgregazione sociale e quelli che per alcuni cittadini sono dei valori imprescindibili, per altri cittadini sono pseudovalori e barbarie da combattere, e viceversa. La composizione del nostro Parlamento riflette bene, purtroppo, la frammentarietà della società italiana dove un crescente individualismo porta ogni singola persona ad avere una propria morale e una propria visione della società.  Una "battaglia di civiltà" può essere tale

Ius soli, così impoveriamo ulteriormente l'Africa

In questi giorni si torna a parlare dello Ius soli e anch'io vorrei esprimere la mia opinione. Se da un lato sono convinto della necessità di accogliere e di manifestare concretamente la propria solidarietà umana a quanti sono costretti a scappare dal proprio Paese di origine a causa di guerre e carestie, dall'altro credo che non si debbano porre le basi per far sì che tutti - col proprio stile di vita e con la propria cultura giuridica - possano concentrarsi nel nostro Paese . E' giusto che le nostre navi militari si prodighino per salvare il maggior numero di vite umane abbandonate alla deriva sui noti gommoni al centro del Mediterraneo, ma le persone una volta salvate, vanno accolte in centri umanitari per essere curate e nutrite. E' possibile che queste persone debbano restare in questi centri anche per sei mesi, un anno o due, e magari cogliere l'occasione per imparare la nostra lingua e avere la possibilità di seguire dei corsi di studio, ma poi devono essere

YouCanPrint, "Il bambino e l'avvoltoio"

Il bambino e l'avvoltoio Si trascinò per pochi metri. Tanto per uscire dalla capanna dove la madre lo aveva lasciato. Non aveva più forze. Era stremato. Si potevano contare le sue ossa.  A fatica, con tanta fatica, si era mosso carponi spingendosi con i piedi scarniti. Il sole batteva forte sulla terra che circondava la capanna e il bambino non era consapevole della morte, non sapeva nulla di ciò che succede ad un corpo nell'attimo in cui perde l'ultimo alito di vita. Il piccolo percepiva solo la sofferenza di ogni suo singolo osso. Faceva caldo e non c'era acqua.  Respirava a fatica e ogni respiro era un labile lamento; un lamento che nessuno ascoltava. Provò a sedersi per guardarsi attorno e cercare con gli occhi la madre che tardava a tornare.  Era lì, da solo, in un villaggio di poche capanne, tra la polvere che di tanto in tanto una solitaria folata di vento alzava sotto ai raggi abbaglianti del sole, e in un paesaggio circondato dalla calu

Edizioni YouCanPrint, "Il bambino e l'avvoltoio"

In questi giorni le Edizioni YouCanPrint hanno pubblicato un libretto digitale che raccoglie alcuni dei miei racconti: alcuni sono inediti, altri sono stati già proposti al pubblico. Il libretto si intitola "Il bambino e l'avvoltoio". Qui di seguito inserisco il racconto "L'Angelo di via Appiani".  L'angelo di via Appiani  George crede negli angeli e di sabato capita spesso di incontrarlo per Treviso su una panchina di villa Manfrin o di incrociarlo lungo la Restera. Tra le mani ha sempre lo stesso volume: la copertina sgualcita e le pagine ingiallite di un libro che parla di come gli angeli siano vicini ad ogni uomo durante il suo pellegrinaggio terreno.  George legge e medita e vorrebbe far partecipi delle sue riflessioni altre persone; mastica purtroppo un cattivo italiano. Gli unici che possono comprenderlo bene sono i suoi connazionali del Ghana, con i quali ha trovato rifugio in un fabbricato abbandonato in via Appiani. La sera

Giovani spacciatori e carcere minorile

Premesso che considero disumano chi afferma che bisogna lasciare in mare le persone che cercano di arrivare in Italia a bordo di natanti di fortuna, ritengo che occorra mandare via dal nostro Paese gli stranieri che sono coinvolti nello spaccio di stupefacenti. Chi conosce la realtà degli " Istituti penali dei minorenni " sa che molti ragazzi lasciano la propria terra col deliberato proposito di venire da noi per delinquere: minori che nel giro di poche settimane dal loro sbarco in Sicilia si trovano già per strada a vendere droga e a incassare soldi che mai avrebbero visto nel loro villaggio di origine. Denaro che la criminalità utilizza per altri traffici illeciti e che i ragazzi - novelli spacciatori - sperperano per acquistare beni di lusso e per "pagarsi" la ragazzina italiana. L'arresto di questi ragazzi da parte delle Forze dell'Ordine e la conseguente esperienza della detenzione negli istituti penali non serve praticamente a nulla: nonostant

Padova, presentazione di "Liberi reclusi"

Domenica prossima sarò a Padova... http://www.youcanprint.it/scienze-sociali/scienze-sociali-studi-sui-minori/liberi-reclusi-storie-di-minori-detenuti-9788891199454-ebook.html

L'onda azzurra, Viaggio nel mondo di Crio

Capitolo I Nessun rumore. Nemmeno un odore. Provava una strana sensazione, quasi fosse sospeso nell'aria; forse lo era veramente. Si sentiva bene, però. Provò ad aprire gli occhi. Niente. Non riusciva a percepire alcun muscolo del proprio corpo. Nemmeno il suo respiro avvertiva. " Sono morto? ", si domandò senza provare alcuna emozione, dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto di alzare le palpebre. " Sono solo! ", si disse. Si sforzò di ricordare ciò che aveva fatto negli ultimi giorni. Niente. Nessun ricordo affiorava alla mente, e continuava invece a sentirsi leggero e sospeso nel vuoto. Era sicuro di stare ancora in un corpo, nel suo corpo, ma non riusciva ad avvertire nulla; neanche un dolore o un fastidio. Provò allora a immaginare il suo corpo e si riconobbe sul letto di un ospedale. Era successo qualcosa di molto grave. Forse di irreparabile. Non per questo, però, ebbe paura. Anzi, continuò a restare tranquillo. Senz'altro atto

La prostituzione ai tempi della senatrice Lina Merlin

Lo sfruttamento della prostituzione e la chiusura delle “case di tolleranza” con la legge della sen. Lina Merlin  di Carlo Silvano Definito e giustificato dal sentire comune come “ il mestiere più antico del mondo ”, il fenomeno della prostituzione ruota, in realtà, attorno ad una criminalità spesso barbara e crudele. Per tentare di comprendere l'opportunità o meno della riapertura delle cosiddette “ case chiuse ” si propone, in questo capitolo, una lettura di brani tratti da un libro [1] curato dalla senatrice Lina Merlin [2] e dalla giornalista Carla Barberis [3] . Già da giovane, Lina Merlin seguì come giornalista il fenomeno della prostituzione e si convinse dell'opportunità di chiudere i bordelli con un'apposita legge anche in Italia, dopo che questi erano stati aboliti in Francia nel 1946, grazie  soprattutto all'impegno di una ex prostituta, Marthe Richard, eletta in parlamento. Dal 1949 la senatrice Lina Merlin iniziò a ricevere numerose lettere d